Capitolo
19
Balengo
- ottobre 2010 - prima settimana
Che
giornata di merda... non sono neanche riuscito ad uscire cinque
minuti dall'officina. Ma se tutto va bene, adesso finisco di cambiare
la centralina su questo SUV del cazzo e me ne scappo a Torino da
Manu, magari si va al cinema.
"Pole
vieni, c'è Aziz che vuole salutarci".
"Aziz?
E perché vuole salutarci?".
"Assalam
aleikum amici. Mi trasferisco in un'altra città".
"Aziz,
davvero te ne vai?".
"Sì,
ho deciso, porto via la mia famiglia da qui".
Aziz,
il primo marocchino arrivato a Balengo, se non sbaglio era il 1993.
Passava ogni tanto per il paese carico di tappeti, lenzuola e
asciugamani. A sentire mia madre era mercanzia di prima qualità e
per di più a buon prezzo. In paese lo chiamavano 'l
moru,
veniva trattato con diffidenza, anche se poi alla fine tutti
compravano qualcosa da lui. Era uno spasso osservare le donne di casa
che contrattavano fino all'ultima lira su ogni pezzo acquistato, un
gioco e un rito da celebrare ogni volta identico a sé stesso, quel
tanto che bastava per illudere le massaie di aver concluso l'affare
della vita.
Capitava
che qualcuno gli offrisse da mangiare, un panino e un bicchiere di
vino, ma lui rifiutava con insistenza e se ne andava via. I miei
paesani scuotevano la testa increduli, accusandolo di essere un
ingrato e maleducato. Più tardi scoprimmo che Aziz di fame ne aveva,
e anche molta, ma era costretto a rifiutare il convivio per via della
sua religione. L'alcol nel vino e il prosciutto di maiale sono
ingredienti vietati dall'Islam. Se l'avesse spiegato prima, gli
avremmo offerto uova e formaggio... à
l'è propi 'n maruchin...
Poi
un vecchio contadino gli aveva chiesto se voleva lavorare qualche
giorno in campagna, così poco per volta aveva iniziato a fermarsi
sempre di più in paese, fino ad affittare una porzione di cascina
tutta per sè.
Un
anno tornò in Marocco per le ferie e ricomparve mesi dopo
accompagnato da Nadia, la giovane moglie sposata al suo paese, bella
e velata.
Le
cose gli andavano bene, aveva trovato un'occupazione stabile presso
un magazzino di attrezzature edili, erano nati tre figli, due femmine
e un maschio, ormai perfettamente inseriti nella quotidianità di
Balengo.
Non
senza fatica, un paio di anni fa aveva ottenuto la cittadinanza
italiana, era uno di noi a tutti gli effetti, anche se per molti
restava comunque 'l
moru...
qualcosa di lontano, non necessariamente inferiore, ma comunque
diverso.
Con
Aziz ho fatto amicizia da subito, passava dall'officina in
continuazione a cercare improbabili pezzi di ricambio da spedire in
Marocco a suo cugino che faceva il meccanico.
Ben
presto abbiamo iniziato a fumare insieme, l'hashish che ci procurava
era decisamente di ottima qualità. Qualche sera veniva al bar del
paese a vedere il calcio sul megaschermo. In queste occasioni si
concedeva anche una birretta, ma solamente dopo averci fatto giurare
che non l'avremmo detto ai suoi connazionali.
Poi
arrivò la moglie, e siccome tutto il mondo è paese, Aziz smise di
frequentare il bar e di procurarci il fumo.
"Ma
perchè te ne vai? Hai trovato un altro lavoro?".
"No,
per adesso vado a Savona da mio cognato, poi si vedrà, ma da qui
vado via".
"Ma...
cosa...".
"Non
ho portato qui mia moglie e i miei figli per farli ammalare, meglio
tornarsene in Marocco piuttosto".
"Ma
è per la centrale nucleare che te ne vai?".
"E
per cosa, sennò? Qui sto bene, ormai ho il lavoro, la casa, i figli
che vanno a scuola, il piccolo gioca anche a calcio... ma non posso
rimanere in un posto dove si può morire per niente".
Attonito
osservo Guido scuotere la testa sconsolato. Eppure questo marocchino
ha ragione, e se l'ha capito lui, che da sempre è considerato poco
più che un ignorante, allora perché gli altri stanno zitti e non si
ribellano? E mi viene da invidiarlo, a 'sto marocchino... lui che qui
non ha radici, genitori, terra, affetti e ricordi. Lui che può far
su le sue cose ed andarsene via, così, quando e come vuole, e
lasciarci qui a "morire per niente".
"Morire
per niente… 'l
maruchin, à là propi dila giusta".
Ci
salutiamo con affetto, sincerità e reciproca malinconia, promettendo
di tenerci in contatto, Aziz ci regala una bella confezione di
datteri e noi ricambiamo con un coprivolante leopardato.
Quando
se ne va, io e Guido ci fissiamo senza trovare le parole.
Passano
i secondi, tanti, poi sussurro: vanta
fè cheicos... bisogna
fare qualcosa.
Guido
annuisce. Con sguardo fiero.
Inshallah.